Free Economy Shipping On Domestic Orders Over $50. Click Here Or Visit Any Product Page For Additional Shipping Information.

Torino, Giorgina Siviero: «Fatturavo 30 milioni di euro, ma ero infelice come mai. Ora è Natale ogni giorno: realizzo qualsiasi progetto»

«Non sono una bottegaia. Non vendo confezioni, trasformo le persone. E con l'online ora sono una "disinfluencer" di 80 anni»

Giorgina ha occhi verde scuro. Macchiati di marrone. Sono duri, incastonati in un viso militare e sottile. Mentre parliamo, per oltre due ore – di tutto, di abiti, di gente, di storia, di libri, di sentimenti, pure di rivoluzione – lei sempre mi ha scrutata. Immaginandosi come plasmarmi, svestirmi e vestirmi. Farmi sua per farmi bella. Ognuno al mondo nasce per un motivo. Giorgina Siviero, per raccontare una storia umana attraverso le stoffe.

Lei non vuole solo vendere vestiti.

«Non sono una bottegaia. Tengo poco in conto quello che mi chiedi. Io capisco immediatamente quello che voglio fare di te. Ho un’idea. Forse persino in questo momento ce l’ho».

Lo vedo.
«È come manipolare la materia. Un riflesso incondizionato. Quando guardo una donna penso: “Cosa vorrei fare con lei? Come posso trasformarla?”. Cancello la parte che non mi piace ed esalto quella che mi piace. Non c’entra l’età. La maggior parte delle volte mi danno ragione. E comprano quello che dico».
 
Adesso comprano da tutto il mondo. È diventata una star su Instagram (400mila follower con una crescita quotidiana pazzesca) da quando sua figlia Elena Cecchi ha avuto l’idea di seguirla facendole dei reel. Com’è cambiata la sua vita?
«Ogni giorno è Natale. È come essere tornati ai primi anni 2000 quando la roba si vendeva da sola. All’epoca fatturavo 30 milioni di euro l’anno… eppure non sono mai stata così infelice. I momenti speciali della mia vita sono quelli che ho vissuto con più tristezza. A quel tempo, non ero in grado di guidare il mio vascello».
 
Oggi il vascello lo guida bene?
«È il momento più bello della mia vita, professionalmente e anche umanamente. Sto cambiando idea sul genere umano».
 

Addirittura.
«Sul serio. La gente viene qui, si commuove, mi abbraccia, mi porta la focaccia da Genova, l’olio dalla Sicilia. Arrivano dalla Francia, io che prima i francesi non ero mai riuscita a vestirli, dalla Svizzera, prendono aerei… per me. Neanche per comprare, per me. Mi scrivono cose bellissime, che non vorrei dimenticare mai».


I torinesi l’hanno sempre un po’ temuta, è così?
«Le torinesi sono le uniche cui non do un appuntamento, vengono quando vogliono. Ci mancherebbe. Per loro non sono una scoperta, mi conoscono. A me piacciono i torinesi: ognuno di noi ha qualità diverse, ma abbiamo gli stessi difetti».

 

Il difetto più grande?
«Non sappiamo comunicare. Guardi me: per comunicare me stessa al mondo ho aspettato 80 anni. Gli addetti ai lavori, ovunque, mi conoscevano. Anche in Piemonte. Ma oggi il mio pubblico sono 400 mila follower, domani saranno un milione. Posso fare qualunque progetto mi venga in mente. Faccio, disfo, aggiungo, tolgo. Sono libera».

 

È diventata un’influencer.
«Per carità. Me ne guardo bene. Non vendo nemmeno on line, solo in negozio. E vendo merce che prima ho comprato di tasca mia. Piuttosto, sono una disinfluencer».

 

Ha aperto almeno una ventina di negozi, prima di arrivare a questo che è la sintesi di tutto. Senza più marchi né «schiavitù». In quel suo prima, quali clienti ricorda?
«Qui sono passati tutti. Tra le donne più importanti che abbiamo avuto a Torino penso a Donna Marella, Romilda Turati, Bettina Gabetti, Maria Teresa Lavazza. Diversissime tra loro, a tutte mi sono ispirata. In modo diverso, riassumevano l’essenza torinese. Personalità fortissime, con loro non ho potuto esprimermi al 100 per cento. Erano speciali. Anche chi non sapeva chi fossero, quando arrivavano da me, percepiva che era entrato qualcuno di speciale. Si faceva un attimo di silenzio».

 

Cos’è la bellezza?
«Proporzione».

 

Il suo libro si intitola «Una passione smodata». Sempre stata così quella per la moda?
«Io alla moda sono arrivata per caso. Ho lavorato per due anni e mezzo per l’architetto Berni poi, per questioni personali, andai a Parigi. Quando tornai il posto non l’avevano conservato. Così iniziai a lavorare in un negozietto di vestiti in via Lagrange. Ero la direttrice. Per forza, c’ero solo io. Vendevano solo stracci ma avevo bisogno di soldi».

 

Niente alta moda nel suo dna?
«Mia madre voleva facessi la ragioniera. Fortunatamente non ho mai dato retta a nessuno nella vita».

 

Che famiglia era la sua?
«Mio padre era un musicista maledetto, era la prima fisarmonica di Gorni Kramer. Mia madre ha dovuto inventarsi come andare avanti. Ho vissuto un’infanzia molto triste e tormentata, all’epoca essere figlia di separati era un’onta».

 

Si è sentita poco amata?
«Amata sì, non seguita. Poche regole ma ferree».

 

Quali?
«Cavatela da sola. Non chiedere aiuto, mai mostrare debolezza. Non perdere la faccia per nessun motivo. I soldi mal guadagnati fanno sempre una brutta fine».

 

Come è cresciuta?
«Quattro anni in collegio: mi buttavano fuori. Ero una bambina ribelle perché ero estremamente infelice. A 8 anni dichiarai che non credevo in Dio».

 

Svenimento della suora?
«Suor Bianca mi dava delle bacchettate tremende quando sbagliavo i solfeggi. Mamma voleva che imparassi a suonare il piano. Una volta, sbattei il leggio cercando di tranciarle le mani. Lei fu più veloce. “Suor Bianca ti riammette solo se ti inginocchi”. Risposi: “Non mi inginocchio davanti a Dio figurati davanti a suor Bianca”. Finita la carriera da concertista».

 

Quante volte si è sentita dire: hai un carattere tremendo?
«Da sempre. Sono andata contro la famiglia, la società, le imposizioni. Ho disatteso tutto».

 

Chi l’ha capita?
«Mio marito. Da subito. Avevo vent’anni e mi disse: “Tu sei pericolosa, ma farai delle cose nella vita”. Lo conobbi a una festa in maschera. Era il ragazzo più bello che avessi mai visto. Dissi: “Quello me lo sposo”. Peccato che io fossi fidanzata da 4 anni».

 

E come andò?
«Quella sera tornai a casa con lui. Per una casualità. È stato l’unico uomo della mia vita. L’unico importante. Tutto il resto… non mi ricordo neanche più le facce. Soprattutto perché è stato il padre dei miei figli».

 

Fa la differenza?
«Porca miseria se la fa. Ci siamo separati per colpa della sua leggerezza, della mia immaturità, della nostra incapacità di accettare. Ci siamo odiati con passione. Non abbiamo lasciato nulla di intentato nel distruggerci. Però mi diceva sempre: “Tu sei brava”».

 

Chi è Giorgina?
«Dovrei portarla in camera mia e mostrarle il comodino».

 

Cosa c’è?
«Memorie d’oltretomba di René de Chateaubriand, l’ultimo di Cazzullo e l’ennesimo su Caterina de’ Medici».

 

Molta Francia.
«So più di de Gaulle che di qualsiasi altro politico nostro». 

 

Related Posts

Vai su whatsapp
Buongiorno possiamo aiutarti?