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La mia Torino magica impari a curare il bello

Con le Olimpiadi la cittΓ  ha dimostrato al mondo che le cose le sa fare bene

Negli anni della mia lontana e sottovalutata infanzia, quando tornavo in libertΓ  condizionata dal collegio, abitavo in via delle Orfane, in quello che oggi si chiama il Quadrilatero. La mia cittΓ  mi sembrava il centro del mondo. Si sentiva ancora pesantemente l’eco dei disastri che aveva lasciato dietro di sΓ© la guerra, ma io ero troppo piccola per rendermene conto. Era la fine degli anni Cinquanta, non esistevano ancora i supermercati e la spesa si faceva nelle botteghe a conduzione familiare. Andavamo al cinema a vedere β€œGioventΓΉ bruciata” con un James Dean che sarebbe morto di lΓ¬ a poco. Le prime discoteche, il Whisky Notte, il Patio dove si andava solo il giovedΓ¬ e il sabato sera. In una cittΓ  all’inizio del boom economico, il fermento intellettuale era vivacissimo grazie a Eco, Calvino, Einaudi e altri come loro. Torino con tutto questo gran fermento ha rischiato seriamente di diventare la capitale intellettuale.

Intanto, dopo un apprendistato nello studio di architettura di Piero Verbinschak dove imparo a distinguere il bello dal brutto, vado a Parigi a lavorare. Rientro a Torino e finalmente arriva il mio momento, quello in cui prendo in mano le redini della mia storia e nel 1965 apro il primo negozio in via Lagrange, il secondo, un anno dopo, in via Carlo Alberto e, successivamente, San Carlo dal 1973 nell’omonima piazza.

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I movimenti operai, le rivendicazioni sindacali, la crisi petrolifera, le Brigate Rosse, tutte le manifestazioni pro e contro queste, si svolgevano o arrivavano in questa piazza. Le camionette delle forze dell’ordine stazionavano in permanenza davanti al mio negozio. Si respirava insicurezza e paura. Nonostante tutto saremmo sopravvissuti come avevano fatto le generazioni precedenti che avevano superato due guerre mondiali. E poi gli anni Ottanta che portano a Torino la voglia di rivincita dopo il buio del terrorismo.

Ho sempre suddiviso la cittΓ  in zone di un colore corrispondente al mio immaginario, l’unica che vedevo colorata di vita e di allegria era piazza San Carlo, tutto il resto suddiviso tra il mestamente grigio o peggio incolore. Durante le Olimpiadi invernali, Torino si Γ¨ scoperta bella e quel fuoco che non si era mai spento si Γ¨ riacceso. La cittΓ  ha cosΓ¬ dimostrato al mondo che le cose le sa fare bene, quando si impegna. Purtroppo non siamo riusciti a capire che la bellezza vuole essere curata, merita riguardo, merita il superfluo. E noi torinesi non abbiamo voglia di scendere in piazza e pretendere da chi ci amministra la dovuta attenzione.
Sono convinta che di giovani torinesi capaci ce ne siano tanti, con la voglia di fare, di costruire, di ripartire con nuove idee, nuove sfide. Nel mio piccolo, per esempio, con un cambio di comunicazione inventato da mia figlia, in poco piΓΉ di sette mesi ho aumentato di 20 volte i followers su Instagram con clienti che arrivano da tutto il mondo imbogliati da ciΓ² che vedono sul mio profilo.Β 

Penso che lo stesso criterio potrebbe essere applicato per la cittΓ . In questi giorni ho camminato in centro con il mio cane, ho notato la quantitΓ  di turisti e ho pensato a come potessero giudicare tanta bellezza cosΓ¬ poco valorizzata, per certi versi, cosΓ¬ sfilita. Ho sperato che la confusione, le luci d’artista, l’atmosfera natalizia potessero confondere e distrarre questo visitatore dal notare le cose negative e vedere solo la straordinaria bellezza della nostra magica Torino

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